IL DETOURNEMENT DEL MESE
Dal 10 al 16 ottobre 2002

In francese détourneur è il dirottatore, il pirata dell'aria. Da oggi vi proponiamo un détournement ogni mese, dirottamento periscopico agli estremi dell'inquadratura, (s)vista non distraente ma certo disturbante sulle immagini che si scostano dai luoghi comuni del visivo. Questo mese la rotta è sull'isola disabitata di Battle Royale dove infrangere le regole del gioco comporta sempre un'eliminazione. Ma l'isola è, per chi vi approda, l'ogni-luogo che non ammette altre insularità, e il combattimento si preannuncia all'ultimo sangue.

Battle royale
(Giap. 2000, 114')di Kinji Fukusawu con Takeshi Kitano, Tatsuya Fujiwara, Aki Maeda
 
Dal momento che pochissimi sono riusciti a vedere questo film (anche su internet non è facile trovare molte info) facciamo sguire qualche recensione presa qua e là navigando nella rete! Buon divertimento!
 
Battle Royale e l'impossibiltà di vederlo Bloccato, censurato, maltrattato dal governo: perchè?

Ogni tanto, fa decisamente piacere sentire che una pellicola esce così tanto dalle regole del dovuto e del banale cinematografico da suscitare perfino una interpellanza parlamentare ed un veto del Ministero all'esportazione della stessa. Poi, ci accorgiamo che non stiamo parlando (purtroppo!) di Boldi e De Sica, ma di un film made in Japan, coraggioso ed estremo pur se incompleto, che non avremo forse mai la fortuna di vedere, e allora il piacere si tramuta in una sottile tristezza, ed invidia per quei paesi (Francia ed Inghilterra) che se lo sono già accapparrati.

Stiamo parlando, naturalmente, di Battle Royale di Fukasaku Kinji, la pellicola che estremizza tutto quanto va di moda adesso, dai teen-movie al Grande Fratello condend la salsa con Il signore delle Mosche.
La trama è presto detta: in un futuro prossimo venturo, in un paese asiatico non meglio precisato ma tanto simile al Giappone di oggi, la socieà dirigente adulta decide di istituire, per combattere al meglio l'indisciplina giovanile, la "Battaglia Reale": tutti gli anni, una intera classe di adolescenti viene trasportata su un isola deserta ed a ciascuno viene fornita un'arma (lotta impari: a uno un mitra, a un altro un bastone di legno…).Lo scopo è uccidere tutti gli altri entro i termini del gioco, pena la morte. Pronti, vai con il massacro, arbitra il signor Kitano Takeshi, in gentile ospitata nei panni del professor Kitano Takeshi, sadico come nei migliori Mai dire banzai .

Ma perché il divieto, dunque? Il governo giapponese ha parlato di violenza eccessiva, del fatto che ad interpretare la pellicola sono dei quindicenni reali (e si vede, nella recitazione imperfetta e nell'eccessività di troppi amori dichiarati in punto di morte), ma a noi sembra proprio che tutto nasca dall'evidente critica al Giappone stesso, il paese che (non bisogna dimenticarlo) ha il tasso di suicidi più elevato al mondo, e nel quale il successo è considerato una vera e propria questione di vita o di morte. E dopotutto, è il regista stesso, intervistato da Première , ad aver dichiarato che "La morale del film è che per sopravvivere, in questo mondo folle, senza direzione, bisogna correre". Ma correre verso dove, se ad aspettarci c'è solo il ghigno sardonico e beffardo di Beat Takeshi?


La mostra delle (atroci) banalità
di Vincenzo Sangiorgio

Quando ti capita di avere come insegnante un certo Takeshi Kitano dovresti avere qualche sospetto sulla sanità dell’apparato scolastico di cui fai parte. I giovani studenti (?) di Battle Royale sembrano invece fregarsene altamente dell’eminenza, trattandolo sin dalle prime battute così come un qualsiasi insegnante, degno solo, quindi, di pernacchie e scimmiottamenti. Se all’inizio il buon Takeshi abbozza e accetta con brio (anche se una coltellata in panza lo cruccia anzichenò), successivamente si vendica con gli interessi, coinvolgendo tutta la classe in una gita fuoriporta che si trasforma rapidamente in una simpatica lotta di sopravvivenza l’uno contro l’altro: passato nel frattempo all’esercito (lo si sa, la liberalizzazione delle carriere produce anche questi frutti mutanti), di cui ricopre ora il ruolo di capo-deus ex machina, Takeshi seleziona infatti proprio la sua ex classe per la ’Battle Royale’, allegra rivisitazione della Royal Rumble in salsa giapponese, o, se preferite, carneficina tutti contro tutti dove ogni amenità è concessa pur di salvare la pellaccia. Alla fine, come al solito, ne dovrà rimanere uno solo: attraverso suicidi di massa, uccisioni multiple e scuoiamenti vari si arriverà alla fine allo scontro finale, dove naturalmente la coppia di innamorati vincerà, scontando però per tutta la vita il proprio peccato nella solitudine.
Nonostante il soggetto appaia in un primo tempo originale o quantomeno divertente, Battle Royale si rivela con velocità un prodotto medio, dedicato ad una moralizzazione sterile e abbastanza banale piuttosto che ad un analisi approfondita sullo scontro generazionale in atto all’interno del mondo scolastico. Neanche le battute non-sense di beat Takeshi riescono a risollevare il tutto: chiamato come ’padrino’ simbolo di una violenza stilizzata e (appunto) senza senso, ma ammiccante sin dal cartellone come ’sinomo de qualità’ per un divertimento a base di cadaveri tagliuzzati e sventrati, neanche l’attore-regista-autore giapponese può alzare il livello dell’operazione, che anzi soprattutto a partire dalle sequenze sull’ ’isola della morte’ si rivela prevedibile e costruita a tavolino. In questo frangente si comprende come Fukasawu sia portato più alla giustificazione dell’esistente che ad una sua critica o rivisitazione: il suo film va quindi segnalato nella categoria del comico più che della fantascienza o del thriller (ogni vago accenno al concetto di suspense andrebbe ampiamente evitato!), con risultati peraltro deludenti anche nella media di questo genere, visto che le poche battute efficaci vanno perdute nella ripetitività del conteggio dei morti e delle falso-situazioni limite che si susseguono uno dietro l’altra in un crescendo leggermente già visto. Fondamentalmente, quindi, Battle Royale è un film mediocre e banale, che si crogiola e autocompiace di se stesso in una regia molto ’di controllo’, con pochi guizzi isolati che però non lo salvano da una visione ferma e consolatoria della realtà.

tratto da http://www.cinemavvenire.it


BATTLE ROYALE

Questo film del regista giapponese Kinji Fukasaku è stato suo malgrado uno dei più eclatanti casi cinematografici del 2000 ed era davvero molto tempo che non si registrava tanto clamore (seppur limitato al paese d'origine) attorno ad un'opera cinematografica. Oltre alle aspre polemiche di varie associazioni c'è stata persino una seduta straordinaria del parlamento per impedirne l'uscita nei cinema, avvenuta poi regolarmente. Pare che il primo ministro si sia addirittura adoperato per farlo bandire in tutto il mondo, ma nell'era di internet e della globalizzazione questi assurdi interventi censori sono per fortuna destinati a fallire miseramente. Dopo la visione del film viene sinceramente da chiedersi il perché di tutto ciò; violento il film lo è senz'altro, ma non più di altri e ci sono stati film provenienti dal paese del sol levante che hanno osato sicuramente di più in questo senso. Il fatto che i protagonisti siano dei ragazzini di quindici anni che si uccidono barbaramente (con tutto ciò che ne deriva sul piano di un presunto valore diseducativo dell'opera) può essere uno dei motivi di tanta acredine, ma anche in questo caso Battle royale non sarebbe certo il primo film che tratta questo argomento. Quello che ha dato più fastidio in questo film è probabilmente il fatto che, a differenza di altri, ha toccato qualche nervo scoperto delle società giapponese che spinge i giovani e non solo ad una competitività esasperata e che fa dell'affermazione sul lavoro una ragione di vita (tant'è che talvolta chi viene licenziato o dichiara fallimento si uccideida per cancellare il disonore).
Dopo questo lungo preambolo c'è da dire che il film, che vede tra gli interreti il regista Takeshi Kitano, non suscita altrettanto clamore sul piano dei contenuti cinematografici; è senz'altro una pellicola abbastanza godibile ed interessante, ben diretta e che aveva secondo me le carte in regola per essere un piccolo capolavoro. Così non è perché il film è un po' troppo ripetitivo e tirato troppo per le lunghe in certe situazione, ma paradossalmente troppo sbrigativo in altre, cosa che crea una certa disarmonia. I momenti tesi ed avvincenti sono molti, però non mancano cadute di ritmo ed alcuni eccessi melodrammatici che a mio avviso mal si accordano col tono generale dell'opera (le dichiarazioni d'amore in punto di morte sono davvero troppe). Inoltre un maggiore approfondimento psicologico e dei rapporti interpersonali tra i ragazzi avrebbe sicuramente giovato.
Resta in definitiva un film abbastanza buono che lascia però la sensazione di un'occasione mancata.
In un futuro prossimo la delinquenza ed il disagio giovanile in Giappone raggiungeranno livelli allarmanti ed il mondo degli adulti non troverà rimedio migliore della Battle royale: ogni anno una classe di ragazzi, per dare un monito a tutti gli altri, verrà scelta a caso e condotta su di un'isola. Qui verrà dato a tutti uno zaino con generi di prima necessità ed un'arma con la quale i ragazzi dovranno uccidersi senza pietà poiché solo l'ultimo che sopravvivrà avrà salva la vita. IL massacro incomincia.
Inedito fino ad ora in Italia il film è reperibile in vcd e dvd (quest'ultimo con codifica ragionale 3) dell'hongkonghese Universe oppure in vhs e dvd della britannica Tartan. Tutte le edizioni elencate sono in lingua originale con sottotitoli in inglese.

 
A ROTTERDAM LA PRIMA CONTINENTALE DEL FILM SCANDALO IN GIAPPONE:
"BATTLE ROYALE" di Fukasaku Kinji


Una sala gremita e affollata era pronta ad accogliere, curiosa e trepidante, sulla scia di notizie sfocate d'oltreoceano l'anteprima continentale del film scandalo in Giappone BATTLE ROYALE di Fukasaku Kinji.
Giappone: alba del terzo millennio. La popolazione nazionale ha avuto un incremento demografico insostenibile e il 15% di disoccupazione sta conducendo il Paese ad uno stato di caos e alienazione.

La gioventù studentesca nipponica non ha più valori, l'entropia domina in una scuola di assenteismo e violenza. Il governo, esasperato da una situazione sociale divenuta incontrollabile, decide di emanare il "B.R.ACT" (Battle royale act), secondo il quale ogni anno verrà sorteggiata, in tutta la nazione, una classe di studenti di scuola superiore i quali, con l'inganno, saranno condotti su un'isola deserta e, sotto il controllo del loro professore e di un intero esercito, dovranno uccidersi vicendevolmente finché non rimanga un solo superstite.

Ad un'analisi superficiale il film potrebbe apparire solo come un susseguirsi di gratuite ed efferate violenze, ma in realtà si dimostra una critica attenta ed estremamente ironica al sistema educativo giapponese e alle sue folli regole. La violenza e la brutalità che permeano il film vengono smorzate dalla sapiente capacità satirica del regista, in grado di suscitare risate mettendo in scena una crudeltà che diviene ironica in quanto assurda. Gli studenti, portati sull'isola con un sotterfugio, all'inizio stentano a credere alla realtà che gli viene imposta, poi l'istinto di conservazione prenderà il sopravvento innestando in loro il macabro piacere di vivere uccidendo quelli che ormai sono solo nemici e non più compagni.

La figura del professore - controllore, interpretata magistralmente da T. Kitano, rappresenta il deus ex machina dell'intera vicenda. Sarà lui a decidere sulla vita e la morte dei protagonisti di questo giuoco di sangue.
Con una regia sapientemente orchestrata e di grande impatto visivo e con una fotografia attenta al dettaglio, questo film è ritmato sui toni della crudeltà e del realismo non fini a sé stessi ma rivolti ad una critica, forse dai toni eccessivi, ma comunque lucida e meditata di un sistema che non considera più l'individuo come uomo ma come un mezzo di produzione, un mero numero senza identità.